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Questo incontro è nato dal desiderio di mettere a confronto due mondi almeno apparentemente distanti: il sapere scientifico, ovvero le scienze matematiche e fisiche, e la cultura umanistica, ovvero le discipline letterarie e filosofiche.

E' possibile trovare dei punti di contatto tra queste due sfere apparentemente disgiunte?

Per rispondere a tale quesito, sono venuti in nostro soccorso Carlo e Daniele (membro NABLASOFT), della facoltà di ingegneria di Ancona: grazie alla loro esperienza ed alle loro conoscenze, hanno saputo guidare noi "incalliti" letterati in un mondo che, solo fino a ieri, ci appariva 'distante'.

Due argomenti in particolare si sono proposti come fulcro del nostro dibattito:

 
LA CRITICA AD EUCLIDE: IL FORMALISMO DI HILBERT

IL PRINCIPIO DI NON CONTRADDIZIONE: L'ANTINOMIA DI RUSSELL

 
Questa analisi ci ha reso evidente come la scienza matematica non possa essere riduttivamente considerata un semplice e meccanico strumento di calcolo.
Essa, difatti, interrogandosi sui suoi stessi principi con spirito autocritico, è di poco lontana dall'essere una pura ed esatta disciplina filosofica.

Esaminiamo dunque i due argomenti proposti, così come sono stati svolti e dibattuti nel nostro incontro.

 

 
 
LA CRITICA AD EUCLIDE: IL FORMALISMO DI HILBERT
 

La scienza matematica parte da concetti primitivi di base per sviluppare da essi assiomi o postulati e quindi teoremi, il tutto rispettando il principio di "non contraddizione".

A partire da Euclide i concetti primitivi sono considerati rappresentabili: il concetto primitivo di punto corrisponde a . ; e così via.

Questo procedimento, utilizzato da Euclide e da tutta la geometria da lui derivata e definita "euclidea", è il "criterio dell'evidenza" , ovvero: io, matematico, metto in chiaro, rappresentandolo con un oggetto del mondo fisico, un concetto primitivo altrimenti destinato a rimanere intuitivo ed "astratto".

Questa soluzione porta però ad una confusione tra piano "sintattico" e piano "semantico", ovvero vengono posti in coincidenza.

Ciò significa che al concetto primitivo di punto (il ragionamento vale anche per gli altri concetti primitivi) [piano sintattico] si assocerà sempre e solo il significato fisico . [piano semantico]; ovvero: concetto primitivo di punto = . (sempre e solo).

Il programma di Hilbert si oppone alla coincidenza di piano sintattico e piano semantico derivata dalla geometria euclidea: il concetto primitivo di punto corrisponde sempre e solo al significato fisico . , o bensì a qualunque altro oggetto del mondo fisico o numerico?

Ragionando in questo modo si conclude che ad uno stesso concetto primitivo possono essere associati plurimi oggetti del mondo fisico o numerico, al punto che l'associazione con il reale [piano semantico] perde la sua importanza a vantaggio del concetto primitivo puro [piano sintattico] nella sua identità astratta e -ora lo si può intuire- non necessariamente rappresentabile in chiave fisica.

Nasce così la critica formalista di Hilbert, totalmente basata sul piano sintattico.

Per realizzarla si utilizzano "simboli" totalmente astratti e svincolati da una significazione precisa o da un qualche ente fisico che li rappresenti.

Questi simboli vengono posti in relazione tra di loro e si crea un "modello formale".

Nell'immagine qui proposta si raffigura un ipotetico modello formale.

 

Nota bene: i "simboli" sono -come dicevamo- pure astrazioni connesse l'une alle altre attraverso relazioni. Le forme geometriche usate qui per rappresentarle (precisamente: un quadrato, un triangolo, un cerchio) sono state scelte aleatoriamente ed ulizzate per semplice comodità di rappresentazione.

A questo punto ci si domanda: esiste nella realtà fisica o numerica qualcosa che si dimostri come l'applicazione di questo modello?

Se sì, sappiamo che il modello da noi creato è valido e rispetta il principio di non contraddizione.

Se no, il modello non è valido e non rispetta il principio di non contraddizione.

Più realtà fisiche o numeriche possono presentarsi come adatte e congruenti ad un modello formale valido: ne sono le varie interpretazioni. Inoltre, non esiste un solo modello formale possibile e valido, bensì innumerevoli.

Da ciò discende che la geometria euclidea è solo una delle tante interpretazioni possibili di un particolare modello formale.

Se dunque Euclide aveva confuso piano sintattico e piano semantico, Hilbert e le geometrie non euclidee, che da Hilbert discendono, distinguono e scindono i due piani, privilegiando il primo e considerando il secondo come "non necessario".

Tuttavia il programma di Hilbert fallisce, e per due motivi: primo, l'interpretazione semantica è comunque fondamentale per verificare l'effettiva validità e coerenza del modello formale ideato; secondo, si ripresenta ugualmente, in alcuni dei modelli formali, l'impossibilità di rispettare sempre e comunque il principio di non contraddizione.

 
IL PRINCIPIO DI NON CONTRADDIZIONE: L'ANTINOMIA DI RUSSEL
 

Questo problema ispira Russel nella ideazione della sua "antinomia": egli immagina una casa editrice che ogni anno prepara un catalogo dove sono citati tutti i libri pubblicati nell'anno più, eventualmente, il catalogo stesso, considerato come libro.

La stessa casa editrice prepara quindi un catalogo dove sono citati tutti i cataloghi che non citano sé stessi.

Questo nuovo catalogo deve o non deve autocitarsi?

Se non si cita, va in contraddizione (dovrebbe citarsi).

Se si cita, va in contraddizione (non dovrebbe citarsi).

Russel poi illustra la stessa antinomia in termini insiemistici: il suo scopo è dimostrare come l'insiemistica, particolare approccio alle scienze matematiche, non riesca ad evitare e superare la contraddizione.

Russel propose, in sostituzione dell'insiemistica, un approccio "logico", ma neanche questa nuova soluzione riuscirà a garantire salvezza dalla fatale contraddizione.

 
 
 
 
 
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